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Riflessioni ed approfondimenti di ANALISI TECNICA

Analisi Tecnica

Riflessioni ed
approfondimenti di
ANALISI TECNICA

Rischio ed opportunità
sui mercati finanziari



Cari Lettori,

comunque li si voglia guardare, i mercati finanziari erano, sono e saranno sempre paragonabili al classico bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto. In altre parole, essi rappresentano contemporaneamente un'opportunità (la metà piena del bicchiere) ed un ambito rischioso (la metà vuota).

Questo dilemma è irrisolvibile, nel senso che è pressoché impossibile che possa esistere un mercato finanziario che offra alte opportunità di guadagno senza rischio o con un livello di rischio molto contenuto.

La regola della finanza prevede che al crescere del rendimento atteso, il rischio cresce in maniera più che proporzionale.

Qui sotto riportiamo i dati relativi ai mercati finanziari americani che esprimono il rendimento medio e la volatilità media (cioè il rischio medio) delle principali categorie di strumenti finanziari di investimento. Questi valori sono stati calcolati su di un orizzonte temporale di un'ottantina d'anni.



ATTIVITÀ FINANZIARIA

  • Titoli di Stato a breve termine: rendimento medio annuo 3,7% - volatilità media annua 3,1%


  • Titoli di Stato a medio termine: rendimento medio annuo 5,4% - volatilità media annua 5,7%


  • Titoli di Stato a lungo termine: rendimento medio annuo 5,7% - volatilità media annua 9,4%


  • Titoli obbligazionari societari: rendimento medio annuo 5,9% - volatilità media annua 8,4%


  • Azioni a larga capitalizzazione: rendimento medio annuo 9,6% - volatilità media annua 20,6%


  • Azioni a minor capitalizzazione: rendimento medio annuo 11,7% - volatilità media annua 33,0%



Come si nota, la crescita del rischio è più che proporzionale alla crescita del rendimento.

Ciò contrasta nettamente e drammaticamente con l'ipotesi di fondo delle moderne teorie finanziarie secondo cui l'investitore è avverso al rischio, vale a dire: per essere stimolato ad investire in un'attività finanziaria più rischiosa vorrebbe un aumento del rendimento atteso più che proporzionale.

I mercati finanziari, di per sé stessi, offrono esattamente l'opposto.

Questa incompatibilità di fondo, tra gli obiettivi di investimento e quanto viene offerto dai mercati, crea ancora più avversione al rischio (tranne che nei momenti di euforia di Borsa) rispetto a quanto si osserverebbe se i mercati fossero efficienti, ovvero se effettivamente offrissero una remunerazione più che proporzionale ai rischi che comportano.

Qual'è il motivo di questa inefficienza? Gli economisti se lo sono domandati a più riprese e sono arrivati a trarre diverse conclusioni.

Molti lavori accademici addebitano l'inefficienza dei rendimenti all'
inefficienza informativa, cioè al fatto che non tutti gli investitori possono disporre delle stesse informazioni nello stesso istante. Di per sé questa affermazione può essere condivisa solo in parte, perché, ad esempio, si può obiettare che a parità di informazioni alcuni investitori le sanno interpretare meglio rispetto ad altri.

Da sottolineare invece (e purtroppo gli studi accademici generalmente lo sottovalutano) è il ruolo della
speculazione.

I mercati finanziari sono speculazione, non ne sono semplicemente inficiati. Se non vi fosse la possibilità di speculare, gli scambi sarebbero assai più ridotti di quelli effettivamente effettuati. Quasi certamente meno della metà.

La conferma dell'importanza di tale fattore ci è stata fornita proprio dall'ultima crisi finanziaria mondiale che ha dimostrato come la facilità con cui veniva creato denaro virtuale, abbia reso possibile la creazione di abnormi volumi di scambi su strumenti finanziari che rappresentavano beni la cui utilità mondiale non giustificava tutte quelle contrattazioni.

Non deve quindi sorprendere il fenomeno per cui le maggiori posizioni in future su petrolio erano detenute da banche d'affari americane, anche per diverso tempo.

Questa tendenza all'aumento ed alla velocizzazione delle contrattazioni sarà oggetto di tentativi di regolamentazione da parte delle varie autorità, ma sarà comunque alimentata dallo sviluppo della tecnologia informatica ed informativa.

Come ci si dovrà orientare d'ora in avanti in questo tipo di mercati finanziari?

Occorrerà prestare maggiore attenzione al capitale investito. Sarà fondamentale comprendere il concetto che non è la volatilità di per sé a determinare il rischio del proprio investimento, ma piuttosto il
prodotto tra la volatilità dei rendimenti dei titoli in cui si investe ed il capitale allocato in esso.

Facciamo un esempio. È possibile per un risparmiatore che dispone di un capitale di 100.000 Euro, sul quale vuole correre un rischio non superiore a 1.000 Euro annui, investire in un titolo la cui volatilità annua è del 50%?

Vi sono investitori che risponderebbero di no, poiché una volatilità del 50% annuo rischierebbe di comportare una perdita di 50.000 Euro, ma questo è un'errore commesso da chi fa i calcoli ipotizzando di investire tutto il suo patrimonio in quella attività finanziaria.

Invece, il calcolo corretto da fare è all'inverso, dovrebbe cioè partire dalla perdita massima disposti a subire (ovvero i 1.000 Euro) e da lì calcolare l'investimento massimo effettuabile associato ad una volatilità del 50%, che consenta di subire una perdita non superiore a 1.000 Euro. Il risultato è un investimento di 2.000 Euro.

I lettori più esperti di matematica finanziaria avranno riconosciuto nei nostri conteggi il concetto di
Value at Risk (Valore a Rischio), una metodologia che trasforma il rischio percentuale nel rischio monetario.

Mantenendo sotto stretto controllo il capitale investito, altrettanto si riuscirà a fare per le perdite probabili. A quel punto sarà possibile vedere
l'alta volatilità non solo come probabilità di perdita, ma anche come opportunità di guadagno.

Con questa mentalità diventa possibile investire in attività generalmente riconosciute come "opportunità ad alto rischio", quali ad esempio le azioni a minor capitalizzazione e quelle di società che appartengono ai cosiddetti "Paesi emergenti".

Chiaramente il controllo del rischio non è sufficiente a garantire buoni risultati. Occorre infatti essere sufficientemente consapevoli della fase di
ciclo economico in cui ci si trova (cioè ripresa o recessione). Tuttavia, già l'errata allocazione del proprio capitale trasforma l'investore in "un pessimo investitore", eccessivamente gravato da stress, in particolare nelle fasi temporaneamente negative di una tendenza di per sé positiva, con il rischio di dover chiudere il proprio investimento troppo presto.

Altrettanto negativo è l'investimento effettuato con eccessivo capitale nei periodi di euforia borsistica, basandosi sulla falsa credenza che l'alta volatilità si verificherà solo al rialzo del prezzo. Diversamente, all'inizio della correzione, la volatilità si manifesta con grande forza verso il basso, facendo rapidamente scendere le quotazioni dei titoli. Quelli sono periodi in cui il risparmio mondiale subisce i danni peggiori.

Da quanto illustrato è importante comprendere che più i mercati diventano volatili, meno è possibile investirvi basandosi esclusivamente sulla speranza e sull'intuito.

Il controllo del rischio sta giocando e giocherà necessariamente un ruolo sempre più importante nell'investimento di tutti i risparmiatori.









Massimo Intropido
















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